Tributo a Jacques Wirtz

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Alla fine di luglio del 2018 ci lasciò per sempre, all’età di 93 anni, uno dei più grandi paesaggisti contemporanei, Jacques Wirtz. Egli ha rivoluzionato l’arte del giardino del secolo scorso, reinventando l’arte topiaria nei suoi numerosi giardini, soprattutto privati, ma anche pubblici, come il bellissimo intervento ai Giardini delle Tuileries a Parigi.

Ciò che sorprende i suoi estimatori, è che, a tutt’oggi, il mondo accademico italiano del settore, non abbia ancora riservato a lui il riconoscimento postumo che il suo genio e le sue rivoluzionarie innovazioni culturali, meritano. Per Jacques Wirtz, il guru del paesaggio belga, un paesaggio non riguardava prati romantici o confini erbacei simili ad arazzi.

I suoi giardini sono scenografici, ricchi di geometrie e di prospettive; entrano in dialogo diretto con l’architettura e lo spirito del luogo o si distaccano da questi, generando un’identità interamente nuova.

C’è un nesso concettuale tra i giardini privati realizzati da Wirtz e Pietro Porcinai, nel tumultuoso dibattito tra “formale e informale” che ha caratterizzato il Novecento. La relazione tra giardino e acqua, ad esempio, attentamente inserita con forme geometriche e contornata da piante acquatiche, nella villa Theobald a Colonia, o incastonata nella pietra, nella villa a Portofino, entrambe progettate da Pietro Porcinai, si collega ai lunghi canali formali realizzati spesso da Jacques Wirtz nei suoi giardini. Così pure, in entrambi, l’armonia e l’equilibrio sono di massima importanza e vengono raggiunti mediante le qualità espressive infinite dei materiali naturali, il punto di vista prospettico e attraverso una struttura geometrica di tutte le parti che compongono i paesaggi naturali.

Wirtz, tuttavia, non trafficava “nell’intimità o nella nostalgia”; i suoi gesti erano impercettibili, e la sua visione era quella di uno scultore piuttosto che di un mosaicista. Plasmava i volumi utilizzando un’ampia quantità di graminacee erbacee, con le quali ha ottenuto la parvenza di morbidi cuscini che delimitano sinuosi percorsi; in opposizione ad essi, elevava spessi muri vegetali utilizzando siepi di faggio, di tasso e di carpino, giocando con tutte le tonalità del verde.

I giardini che il maestro belga ci ha lasciato in eredità sono di una bellezza sconvolgente. Usando sapientemente la tecnica giapponese di imballare e modellare arbusti sempreverdi in onde o nuvole, Wirtz ha creato spazi e visuali appropriate all’uso che il visitatore intende farne. L’erba ornamentale spuma, gli alberi disposti in fila marciano in formazione con le siepi radenti, che si aprono a ventaglio su prati verdi perfettamente curati.

Molti critici dell’arte dei giardini, hanno osservato giustamente che in molti dei suoi giardini più significativi, come nel suo giardino privato di famiglia a Schuten, vi sono ambientazioni e scenografie di tipo cinematografico, che evocano nel nostro immaginario un’atmosfera di ispirazione Felliniana o di alcuni grandi film della “nouvelle vague” francese.