Ercole Silva, pionere del giardino all’inglese in Italia
Sul finire del Settecento dilagava la moda del grand tour: un viaggio culturale e formativo che portava i rampolli delle famiglie nobili europee, insieme a letterati, filosofi e artisti, a percorrere le strade del “paese dove fioriscono i limoni”, alla ricerca delle vestigia della classicità e dei capolavori dell’arte rinascimentale. Meno frequenti erano invece i viaggi oltralpe degli italiani, i quali però spesso si trasformavano in preziose occasioni per conoscere e importare nella Penisola le principali novità artistiche e tecniche fiorite nei paesi del Nord.
Fu dunque la curiosità a spingere nel 1783 un ventisettenne Ercole Silva, conte di Biandrate, a intraprendere un viaggio che lo avrebbe tenuto lontano dalla casa milanese per circa tre anni, visitando Svizzera, Germania, Paesi Bassi, Inghilterra e Francia. Anni fervidi di incontri e scoperte, fittamente annotate in appunti, purtroppo perduti, ma che, a detta del biografo Cesare Rovida, avrebbero destato stupore e successo, se fossero stati pubblicati, “giacchè pochi erano allora i dotti viaggiatori italiani”.
Tra le tante passioni di Ercole, studioso di legislazione, epigrafia antica e antiquaria, vi erano le scienze naturali e soprattutto l’arte dei giardini, a cui lo aveva iniziato lo zio Donato, creatore alcuni decenni prima di uno dei più spettacolari giardini formali lombardi, nella villa di Cinisello, alle porte di Milano. Profonda meraviglia colse dunque Ercole nel visitare i nuovi giardini pittoreschi, sempre più diffusi nell’Europa del tempo, specialmente in Inghilterra, dove Lancelot Brown aveva ideato poco tempo prima il giardino paesaggistico, sempre più in voga nelle corti e nell’aristocrazia. A partire dal 1785, Ercole viaggiò inoltre in compagnia di Ferdinando d’Asburgo e Beatrice d’Este, e con la real coppia visitò numerose residenze inglesi (Stowe, Kiew, Richmond, Blenheim) e francesi (Ermenonville).
Affascinato dalla sapiente disposizione cromatica delle specie arboree, dal sinuoso scorrere delle acque a formar placidi laghetti o roboanti cascate, e dalle innumerevoli suggestioni letterarie e filosofiche suscitate dalla visione di templi, rovine e altri edifici, pittorescamente disposti, Ercole tornò dunque in Italia con una nuova visione dei giardini e della modernità. Con lui anche la coppia reale, che rientrata in Monza, tra nuovissimi giardini, di impianto formale, diede indicazioni al Piermarini di realizzare un primissimo giardino “all’inglese”. Fu però Ercole Silva a fare scuola, pubblicando nel 1801 il trattato Dell’arte dei giardini inglesi, riedito nel 1813 e in successive edizioni, in cui si rendevano note e si proponevano a modello le novità introdotte dallo stesso autore nel suo giardino privato, a Cinisello. Senza rimpianti, infatti, il nobile giardiniere, sconvolse i parterre voluti dallo zio, e con l’aiuto del pittore Giuseppe Levati, realizzò uno dei primi esempi in Italia di giardino all’inglese, il cui impianto planimetrico si conserva intatto, insieme a molte delle meraviglie da lui nascoste tra la vegetazione, secondo un itinerario simbolico di scoperta, che a tratti rimane misterioso.
Sull’esempio dello zio, che aveva raccolto rarità naturali (ananas, Dracoena reflexa, Arum bicolor, the verde), il nipote coltivò i primi esemplari italiani di Robinia pseudoacacia, divulgandone la conoscenza e favorendone la diffusione in giardini di delizia e in ambito urbano. I suoi sforzi teorici e pratici furono presto ricompensati, dall’attenzione che l’aristocrazia lombarda riversò verso la nuova moda paesaggistica, al punto che la villa cinisellese, insieme ai giardini monzesi e al giardino del palazzo milanese Belgiojoso Bonaparte, divenne un modello per le nuove realizzazioni, che presto si sarebbero diffuse in ogni angolo della Brianza, cancellando per sempre i geometrici e rigorosi parterre del secolo dei lumi. Il romanticismo era ormai iniziato. Il giardino italiano entrava pienamente nella modernità.
Una scelta che oggi potremmo definire involontariamente lungimirante. Le radicali trasformazioni del XIX secolo permisero infatti la sopravvivenza dei giardini stessi nel corso del secolo successivo, quando la decadenza dell’aristocrazia, la forte industrializzazione del territorio milanese e la disordinata urbanizzazione cancellarono inevitabilmente ampie parti del paesaggio di delizia, del quale le ville facevano parte. Proprio il tratto “all’inglese” dei giardini, facilmente trasformabili in quei parchi pubblici tanto essenziali nel nuovo paesaggio della città diffusa, ne ha quasi sempre permesso la tutela.
La storia ha voluto che proprio Cinisello nel secondo dopoguerra vivesse una rapida espansione urbanistica e industriale, al punto che della campagna che circondava i possedimenti del Silva, si perse presto il ricordo e lo stesso giardino, pubblico dal 1926, vide venir meno alcune qualità formali e botaniche, in parte recuperate sul finire del Novecento.
Visitare oggi il parco di villa Ghirlanda Silva significa compiere un’inconsueta promenade in un mondo sconosciuto a molti abitanti della periferia milanese. Il passante distratto nemmeno si accorge del parco e della sua vastità, serrato dalla cinta perimetrale e con un’imponente Magnolia grandiflora che oscura la visione dalla strada della fronte seicentesca della nobile dimora.
Come consuetudine, il giardino si estende sul retro della villa, la cui fronte, ornata da splendide cornici in cotto di gusto eclettico, fu voluta dal pronipote di Ercole, Carlo Ghirlanda Silva, sapiente custode dell’eredità dello zio. Dalle finestre della villa si ammira ancora oggi il parterre erboso, racchiuso tra le differenti tonalità di verde dei tigli, dei platani e dei cedri. Delle statue che un tempo ornavano gli spazi antistanti la villa, si conservano solo due esemplari.
Un sentiero dall’andamento sinuoso permette di abbandonare il soleggiato parterre per inoltrarsi nelle zone più alberate e boscose, dove Ercole predispose una serie di architetture, a creare una romantica passeggiata tra epoche diverse. Uno dopo l’altro si rivelano così l’esedra della salute, di gusto classicheggiante, a cui segue, nascosto tra esemplari di taxus un obelisco, elemento presente anche in molti giardini della coeva Inghilterra. Poco oltre tra i bagolari e le conifere, compare uno degli ingressi minori della residenza, con un pittoresco lodge scozzese, costruito a metà secolo, a sostituzione del Tempio di Giano in Rovina, spettacolare capriccio architettonico voluto da Ercole e ritratta nelle incisioni di Gaetano Riboldi che accompagnano il suo trattato.
Nel punto più lontano della villa, si innalza infine una piccola collinetta, in cui l’originario tempio dorico di Ercole, lasciò il posto a metà Ottocento a uno chalet svizzero, ancora oggi presente. Tra le conifere, l’osservatore attento noterà il coperchio rovesciato di un sarcofago in pietra, su cui, a lettere incise, si legge ET IN ARCADIA EGO, quasi a ricordare al passeggiatore la transitorietà della vita e il dominio del tempo e della morte sulla realtà umana e le sue creazioni, giardini compresi.
Il resto del parco mantiene solo i tracciati e parte della ricchezza botanica del passato, riuscendo ugualmente a trasmettere la grandezza del progetto originario e il genio del suo inventore, di Ercole Silva, il pioniere.
Bibliografia di riferimento:
- Ercole Silva, Dell’arte dei giardini inglesi, Milano, Genio Tipografico, anno IX, 1801.
- Laura Sabrina Pelissetti, Modelli iconografici e appunti di viaggio nel trattato di Ercole Silva in V. Cazzatto, P. Cornaglia (a cura di), Viaggio nei giardini d’Europa. Da Le Nôtre a Henry James, Venaria Reale, Edizioni La Venaria Reale, 2019, pp. 193-196.
- Andrea Spiriti, Ville e giardini fra Brianza e Lario in V. Cazzatto, P. Cornaglia (a cura di), Viaggio nei giardini d’Europa. Da Le Nôtre a Henry James, Venaria Reale, Edizioni La Venaria Reale, 2019, pp. 269-273.
- Laura Sabrina Pelissetti, Il ruolo di Ercole Silva nella diffusione del giardino “all’inglese” tra XVIII e XIX secolo in Fabio Finotti (a cura di) Melchiorre Cesarotti e le trasformazioni del paesaggio europeo, Trieste, EUT Edizioni Università di Trieste, 2010, pp. 145-164.
- Laura Sabrina Pelissetti, I giardini e i parchi in G. Guerci (a cura di), I beni culturali a Cinisello Balsamo, Cinisello Balsamo, Centro di Documentazione Storica, 2001, pp. 61-70.