
Dead End
Un sentiero si snoda nel mezzo di una boscaglia nel cuore dello stupefacente parco d’arte di Château La Coste. Non è un sentiero come tutti gli altri, ma un cammino che percorso ci rende partecipi di un processo introspettivo e ci mette in comunione con l’artista e il suo itinerario di riflessione.

Sophie Calle pone un cartello in legno che segnala una direzione. A noi la scelta se seguirla o no. Sul cartello, a chiare lettere nere, una scritta: Dead End. Senza Uscita è l’immediata traduzione che ci viene alla mente, ma non possiamo ancora comprendere quanto invece una traduzione più letterale sia in effetti quella più azzeccata. Muoviamo i nostri passi nella direzione segnalata, più incuriositi che intimiditi.

Ci arrestiamo osservando una piccola scatola metallica, posta sul lato del sentiero. Le istruzioni su di essa ci invitano ad aprirla, e a consegnare i nostri segreti. Prendiamo un piccolo foglio di carta e, pescando dal fondo del nostro spirito, estraiamo un segreto da scrivere. Che cosa sia per noi un segreto, è materia vasta e multiforme. Non per forza il nostro segreto dev’essere qualcosa di indicibile, magari è solo celato per timore del giudizio altrui, o è un piccolo istante delle nostre vite che vogliamo serbare soltanto per noi, senza dividerlo con altri. Potrebbe essere qualcosa che abbiamo dimenticato, che va cercato a fondo. Può essere una verità che non vogliamo condividere nemmeno con il nostro io, perché ci spaventa o ci rende fragili. Il segreto è tutto per noi, e il passo di condividerlo, seppure con un foglio di carta, ci può spaventare. Compiendo questo passo, dimostriamo di fidarci dell’artista e della sua richiesta, per quanto inusuale.

Il segreto è ora nel foglietto, che ripieghiamo con cura perché tale rimanga. Procediamo verso quel “finale morto” che si rivela tale. Il percorso s’interrompe e ai nostri piedi, di un bianco candore, si delineano le forme di una lastra tombale. Inciso sopra la sua superficie è il profilo di una bara, al cui interno leggiamo a chiare lettere un epitaffio: “Qui riposano i segreti dei viandanti” (Ici reposent les secrets des promeneurs). Non si tratta di un ammonimento, né di un consiglio. Forse un invito, certamente una verità. Una fessura nel marmo ci permette di far scivolare il segreto vergato sul foglio, lasciato andare in un luogo che non vediamo e non possiamo conoscere. Non perduto, perché non è quello un luogo d’oblio, ma custodito dalla fredda pietra e da quelle parole così potenti.

Volendo credere all’artista, possiamo confidare con estrema sicurezza il nostro segreto, possiamo fare in modo che si unisca a quello di molti altri viandanti, giù nella fresca oscurità che il marmo sigilla. Ora alla curiosità si mischia l’esitazione della scelta. Liberati dal fardello, possiamo tornare sui nostri passi, forse più leggeri, partecipi di un atto artistico che prosegue nel tempo, compagni di molti altri “promeneur” che hanno condiviso i loro segreti con la pietra e l’ignoto.

Sophie Calle, durante l’installazione dell’opera nel 2018, portò avanti una performance nella quale, sedendo a fianco della scatola metallica sul sentiero, proponeva ai visitatori una scelta, se confidare i segreti alla carta e poi alla tomba alla fine del sentiero, oppure raccontarli direttamente all’artista. Una prova di fiducia ancora più grande.

Nell’opera, l’attesa, la morte, il segreto e la consapevolezza di esistere in quanto portatori di segreti si intersecano, in un cammino lineare come quello che percorriamo mentre ci avviciniamo al termine, a quel “finale morto”, quella strada senza uscita che si materializza nel marmo bianco, meta ultima preventivamente incontrata, che ci permette di regolare i conti con noi stessi.
Dettagli progetto
Progettazione: Sophie Calle
Luogo: Château La Coste, Le Puy-Sainte-Réparade, Francia
Tipologia: Installazione, arte contemporanea
Realizzazione: 2018
Crediti fotografici: © Gaël Glaudel

Sohie Calle
Sophie Calle è un’artista francese che ha esposto in tutto il mondo dalla fine degli anni ’70. Descritta in vari modi come artista concettuale, fotografa, regista e persino detective, ha sviluppato una pratica che è immediatamente riconoscibile per i suoi distinti elementi narrativi e la frequente combinazione di immagini e testo. Ciascuno dei suoi progetti può essere visto come un capitolo di un vasto volume complessivo di riferimenti ed echi, in cui Calle spesso offusca i confini tra intimo e pubblico, realtà e finzione, arte e vita. Il suo lavoro orchestra metodicamente uno svelamento della realtà – la sua e quella degli altri – assegnando al caso una parte controllata di questa realtà.